Sara D’Eustacchio, crescere a Minorca
A cura di Gloria Vanni
Nome: Sara
Cognome: D’Eustacchio
Professione a Minorca: giornalista e professionista della comunicazione
Classe 1988, Sara arriva a Minorca all’età di 6 anni con papà Gianni, romano, mamma Gabriella, sarda, e Nicola, suo fratello, 5 anni, nato a Madrid. Una famiglia di viaggiatori che si stabilisce a Torre Soli Nou, in una casa in campagna dove inizia la storia del ristorante pizzeria Opera. Oggi lo troviamo nel porto di Mahon, al 252 del Moll de Llevant, e al 30 di Platja Binisafúller, a Binisafua (Saint Lluís).
La sua intervista inizia con i ricordi di Minorca anni Novanta del secolo scorso, mosaico sconosciuto ai più. «Penso che fossimo gli unici stranieri e Minorca e, nonostante questo, era un mondo in cui mi sono sentita subito bene. In una settimana o due parlavamo spagnolo e comunque ci facevamo capire. Le strade erano vuote quando andavamo a scuola e non c’erano rotonde! In estate la casa si riempiva di cugini e di ragazzi italiani che venivano a lavorare al ristorante. In inverno avevamo l’orto e gli animali da curare, quindi in questo continuo andirivieni, ho trascorso una infanzia e una adolescenza piene di allegria».
Il destino dei ragazzi di Minorca è proseguire gli studi nella Penisola. Sara sceglie l’Università Complutense di Madrid, una delle più antiche e prestigiose università spagnole. Studia giornalismo perché le piace scrivere e, poi, aggiunge: «Non sapevo scegliere una cosa sola e ho pensato che il giornalismo mi permettesse di sperimentare più aspetti insieme. Mi sono laureata nel 2011. A Madrid ho lavorato come free lance, l’ultimo anno è scoppiato il “Movimento 15-M“, è stata una esperienza interessante a livello professionale e umano. Poi, nel 2011 sono tornata a Minorca».
Per finanziare la sua formazione universitaria, Sara inizia a lavorare al front desk in aeroporto: parla italiano, catalano, spagnolo, inglese e così volano 13 anni. Intanto conosce Felipe, spagnolo di Valladolid, e scocca l’amore.
Dopo un viaggio da sola in Australia e Nuova Zelanda, esperienza che l’ha portata a riflettere sul desiderio di impegnarsi maggiormente nella tutela dell’ambiente, ad aprile 2022 Sara entra in Menorca Preservation come responsabile della comunicazione.
Come sei entrata in questa fondazione nata nel 2017 che ha l’obiettivo di sostenere le iniziative ambientali locali?
«Semplice. Cercavano nuove figure professionali, ho inviato il mio curriculum, ho fatto diverse selezioni e alla fine mi hanno preso come responsabile della comunicazione».
Di cosa ti occupi esattamente?
«Faccio un po’ di tutto! Dobbiamo seguire i progetti che finanziamo e comunicarne i risultati. Dobbiamo diffondere quello che stiamo facendo insieme alle diverse organizzazioni locali che si dedicano alla protezione della straordinaria natura di Minorca, sia nell’isola che al di fuori di essa. Promuoviamo azioni sostenibili come “1€ per ristoranti, hotel, vendita di prodotti“, iniziativa di collaborazione per raccogliere fondi con imprese sensibili alla sostenibilità. Tutte le collaborazioni nascono così, in modo naturale e sempre in armonia con i valori sostenibili di Menorca Preservation».
Qual è il progetto che più ti appassiona?
«Forse il corso di formazione gratuita “Menorca Preservada” in agricoltura sostenibile. È un corso di 2 anni che consente di apprendere le pratiche di coltivazione e allevamento sostenibili: come utilizzare meglio l’acqua, l’importanza di avere una terra viva, come avere alimenti più nutritivi e sani… Se si fanno coltivazioni diversificate si aiuta la terra. Il risultato è per esempio una eccellenza come il Morvedra di Ciutadella: è il quarto olio extra vergine di oliva ecologico più buono al mondo (2022). Un bel traguardo per una piccola isola come Minorca!».
Ci sono altri progetti che vuoi condividere con noi?
«PescArt Menorca, progetto della nostra Alleanza Plastic Free Menorca in collaborazione con varie associazioni dell’isola che ha l’obiettivo di dare una soluzione al problema ambientale della non corretta gestione delle reti da pesca inutilizzabili. Con il contributo della Fundación para Personas con Discapacidad de Menorca puliamo le reti in nylon, separando galleggianti e piombi. Quindi le reti pulite passano alle artigiane che realizzano portachiavi con i galleggianti, pesci decorativi, borse da shopping, orecchini, libretti, borse dipinte con acquarelli e tappeti decorativi da parete».
Com’è la tua giornata tipo, Sara?
«Mi alzo alle 6, vado in palestra, torno a casa, faccio colazione e vado in ufficio. Sono molto fortunata, è un ambiente prettamente femminile e giovane».
Cosa fai quando non lavori?
«Amo viaggiare, anche da sola! Usciamo in barca con Felipe, abbiamo una barchetta. Amo passeggiare e fare foto lungo il Cami des Cavalls, adoro la zona di Rafalet e quella del Barranc d’Algendar, il dirupo più importante dell’isola. Amo stare con i miei amici e amiche: siamo un gruppo che ci frequentiamo da 30 anni».
Dopo tre decadi di vita in Spagna, ti senti più spagnola o più italiana?
«Sono rimasta italiana anche se mi sento tutte e due e non sento di dover scegliere. Mi sento italiana quando sono in Spagna e viceversa. La nazionalità è l’ultima cosa che mi lega all’Italia e per il momento non voglio perderla».
Cosa ti piace di Minorca?
«Mi piace perché è comoda: impiego 5 minuti per andare ogni giorno al lavoro. Posso mangiare cibo a km0. Anche se è piccola, ha molti spazi e ti consente di stare per i fatti tuoi. Io ho bisogno di stare sola e anche in estate devo andare in posti dove non c’è nessuno. Ognuno ha il proprio scoglio e sappiamo che è sempre libero. Con una passeggiata risolvo i miei problemi. Sono sempre collegata al telefono e al mondo ma quando ho bisogno di staccare un po’ da tutto e da tutti vado a Cavalleria: non c’è campo, quindi sono obbligata a stare nel momento. E non c’è solo Cavalleria priva di connessioni! Quindi, Minorca è perfetta se non vuoi vedere nessuno perché ti dà una privacy fantastica. Perciò se vengo a trovarti è perché ho veramente voglia di vederti».
Come ti trovi con la gente di Minorca?
«I minorchini sono divertenti, hanno un umorismo inglese e una filosofia di vita che sottoscrivo al 100%: “no passis pena“, non soffrire, non vale la pena. È una delle mie espressioni preferite: i problemi ci sono, sono parte della vita e comunque si va avanti».
Cosa consigli a chi pensa a Minorca come possibile luogo di vita?
«Premessa: non bastano 15 giorni di vacanze per dire “voglio vivere a Minorca“. Detto ciò, consiglio di lasciarsi vivere, di lasciare che Minorca ti faccia vedere come puoi viverla. Per vivere Minorca devi capirla, devi lasciare che ti parli perché è un’isola fantastica, abitata da gente stupenda. Non devi venire con progetti già strutturati perché di sicuro questi cambieranno».
Trent’anni di vita a Minorca. Sara D’Eustacchio batte Riccardo Benzi che di anni a Minorca, tra arrivi e partenze, ne ha trascorsi 25. Indubbiamente una bella esperienza che pone l’accento su aspetti di Minorca come il piacere di essere disconnessi e la necessità di trovare sempre il proprio scoglio, il proprio angolo libero. A Minorca si può! E per finire i sogni di Sara sono una casa in campagna con tanti animali e piante, tempo libero e viaggi con Felipe. Quindi il grazie ai suoi genitori per averle dato una educazione libera e, con un pizzico di ironia, il rimprovero per non averle insegnato a cucinare: «Non sapevo fare nulla ma conoscevo il sapore delle cose buone. Oggi posso fare gnocchi e tiramisù ma devo cucinare quando non ho fame!».