Paolo Scarpa, musicista e produttore musicale a Minorca
di Gloria Vanni
Nome: Paolo
Cognome: Scarpa
Luogo di nascita: Ostiglia (Mantova)
Professione prima di venire a Minorca: commerciante nel settore chimico a Parma
Professione a Minorca: musicista e produttore musicale
Non immaginavo e mi ha stupita: Minorca possiede una incredibile comunità musicale! È una delle meraviglie di quest’isola nel cuore del Mediterraneo che mi ha consentito di vivere straordinari concerti di Musica Antica e Barocca, Classica, Barbershop Music, Jazz, Black Spirituals, cori… Senza contare il piacere di scoprire la bravura di giovani artisti minorchini di fama internazionale come Anna Ferrer e Marco Mezquida, per citarne solo due.
Su questa vivace e sorprendente scena si affaccia nella primavera 2013 Paolo Scarpa, classe 1971. Racconta: «Sono arrivato a Minorca con tanta voglia di fare musica e altrettanta frustrazione perché in Italia era impossibile vivere di musica. Nel 2004 con mia sorella abbiamo registrato un bellissimo disco ma non è successo nulla e avevo perso la voglia di seguire un mio percorso musicale. A Minorca, invece, si tenevano le “Jam Session“, cioè momenti dove i musicisti si incontrano e, senza conoscersi, salgono sul palco e suonano insieme. In genere, c’è un trio di base che apre, poi cambia il batterista, il sassofonista, quindi arriva un nuovo solista e così via. È interessante perché sono occasioni di musica improvvisata dove nascono nuove collaborazioni. Infatti, da allora non ho più smesso di suonare!».
Così, al Ristorante Agape di Mahon (oggi Can Avelino 23, ndr), Paolo ha creato la sua band, il trio “Paolo and the Peas” – canto, chitarra, basso -, che faceva un genere molto amato dagli Inglesi, richiesto per feste private e serate in hotel organizzate da agenzie di spettacoli.
«Non so se sono fortunato o bravo, come dicono alcuni. Comunque, questa prima esperienza mi ha portato a lavorare in tutta l’isola. Abbiamo anche iniziato il “Cavaoke” a La Cava del ARS in Plaza Princep, a Mahon, il venerdì. Lo spettacolo iniziava verso l’una di notte e accompagnavamo i cantanti con la nostra band dal vivo: sono stati due inverni bellissimi!».
Cui si aggiungono due intense stagioni in alberghi e locali sparpagliati sull’isola. Gli occhi di Paolo s’illuminano mentre ripercorre le tappe salienti del suo viaggio musicale che a Minorca ha trovato identità e conferme. Nel 2016 conosce Jason MC Murray, musicista britannico con casa a Son Parc. Dove, aggiunge: «Con la mia strumentazione abbiamo deciso di montare uno studio di registrazione e abbiamo iniziato a registrare demo. A Minorca ci vuole pazienza e calma per fare qualsiasi cosa».
L’anno dopo incontra Gemma More, cresciuta circondata dal mare e dal sole di Minorca. «Lei aveva un progetto, Wanderlust, e un chitarrista con cui iniziava a cantare. Io sono un ingegnere del suono, le ho proposto di lavorare insieme e Wanderlust è diventato Wanderlust Menorca. Poi, abbiamo conosciuto Ettore della Campa, altro musicista italiano folgorato dall’isola e ci siamo spostati con lo studio a Sant Lluís. Intanto la nostra relazione, nata a livello professionale, si trasforma e diventa anche una relazione umana, intima. Io avevo voglia di insegnare e lei l’entusiasmo di chi comincia…».
Paolo parla spagnolo con qualche parola in italiano che però non stona e sembra appoggiarsi dolcemente al discorso. I 17 anni di differenza con Gemma non sono un problema, anzi. Grazie a lei riscopre il piacere di fare e produrre musica originale.
Come definiresti la tua/vostra musica, Paolo?
«È difficile definire il proprio genere! Direi musica pop, popolare e leggera, con sfumature rock e folk».
Come è andata la stagione 2021?
«È stata una stagione corta ma molto intensa. Abbiamo iniziato a lavorare a luglio e ci guadagniamo da vivere con le cover, cioè cantando e suonando pezzi famosi fatti secondo le nostre versioni. Lavoriamo in hotel da lunedì a giovedì, matrimoni e feste private nei fine settimana, le domeniche alla Cova del Xoroi, 10 minuti dopo il calare del sole. Abbiamo iniziato ad aiutare gli artisti locali ma siamo tornati sui nostri passi per dedicarci al nostro lavoro, alla nostra musica, ai nostri pezzi che abbiamo pubblicato su Spotify e YouTube. Il 14 luglio abbiamo fatto il nostro primo concerto con solo le nostre canzoni alla spiaggia di Binissafua, Sant Lluís. È stata un’esperienza entusiasmante». Confermo, ero presente e rapita dalla magia di voci, parole e note che si stemperavano nella notte, tra stelle e onde del mare.
Parliamo del pubblico negli hotel: chi vi dà maggiore soddisfazione?
«Gli Inglesi perché sanno ancora profittare di un concerto dal vivo. Gli Spagnoli urlano più di te che canti, i Francesi sono muti e non consumano, gli Italiani sembra non sappiano più partecipare a un concerto e sono sempre con il cellulare in mano. È comunque fondamentale sapere chi sei e quello che hai da dare alla gente. Devi possedere una certa consapevolezza per essere un artista, tanto più se vuoi raggiungere traguardi e successi».
Cosa ti piace di Minorca?
«La qualità della vita, la luce, i limiti geografici dell’isola, un pezzo di terra in mezzo al mare che conserva bene il suo stato: Minorca non è sfruttata e ha mantenuto la sua essenza. Se ti accontenti, qui vivi bene, c’è tutto: le spiagge caraibiche, l’acqua e l’aria pulite… Se vuoi fare di più, te ne vai».
Cosa consigli a chi vorrebbe trasferirsi a Minorca?
«L’isola ha bisogno di professionisti e quelli che hanno successo fanno le stesse cose che facevano in Italia. Chi viene deve cominciare da zero, deve adattarsi, lavorare e partecipare alla vita sociale, imparare lo spagnolo e prima o poi il tuo posto lo trovi. A Minorca vieni per condividere quel poco che c’è. Non è il posto per farsi vedere, per fortuna. In un certo senso, a Minorca devi lasciare l’italianità e puntare sul diventare parte di un ambiente cosmopolita e internazionale».
Ho conosciuto Paolo Scarpa con Gemma More e ho notato una bellissima energia tra loro. Energia contagiosa. Poi, l’ho intervistato da solo e alla fine delle nostre chiacchiere, a Mahon, mi ha mandato questo messaggio: «Grazie per interessarti a me, a noi e alla nostra storia».
Mi ha colpita la semplicità di questo gesto, insolito e raro. Poi, mi sono detta, tutto torna perché Minorca attrae e accoglie persone con diverse sensibilità e quando ci s’incontra, si ritorna un po’ bambini. Perché il passo è breve dalla riservatezza dei primi istanti al sentirsi come vecchi amici. A volte, senza alcun legame, ci si sente di appartenere gli uni agli altri.
Per me sono doni eccezionali, tanto più di questi tempi. Forse questo è uno di quei casi in cui anche a Minorca il “poco a poco” assume una stupefacente velocità. Magie e miracoli di un’isola che non è per tutti. E chi la sceglie, o meglio si fa scegliere dall’isola, non la cambierebbe per nulla al mondo.
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