Il paradiso minorchino raccontato da un libro in italiano
Non so dirvi perché chiamano Minorca “La Isla Magica”, ma quando all”alba di alcuni anni fa entrai nel porto di Mahón provai un”emozione particolare e quando alcuni giorni più tardi un caldo tramonto salutò la mia partenza sentii che lì sarei tornato per mai più ripartire …”
Un “attacco” servito su un piatto d”argento per iniziare l”intervista a Paolo Bianchi, un connazionale che vive a Minorca dal 1999. Questo è il prologo del libro – “Minorca. L”ultimo Paradiso del Mediterraneo” – che ha dedicato all’isola, sua nuova patria e che bene descrive il suo stato d”animo in proposito.
Paolo è un personaggio eclettico, decisamente molto attivo ma, soprattutto, deciso e convinto della sua scelta. Dopo studi di arte e grafica a Milano – sua città d”origine – decide a 39 anni che l”Italia non fa per lui, né per la sua famiglia, e si mette alla ricerca di un “posto dove vivere”, nel mondo. Approda a Minorca e da allora, vive, prospera ed è felice nella sua “Isla Magica”.
Paolo perché hai deciso di lasciare l”Italia in un momento della vita in cui la maggior parte delle persone tende a essere stanziale?
Ho lasciato Milano nell”ottobre del 1998 perché mancavano i presupposti di legalità, sviluppo economico – non mi permettevano di fare l”imprenditore oberandomi di burocrazia e tasse – e prospettive future per le mie figlie.
So che la ricerca della “terra promessa” è stata piuttosto lunga e faticosa. Ricordiamo il periplo che ha portato te e la tua famiglia a scegliere (o ad essere scelti da …) Minorca.
Si, esatto. Prima ho preso in considerazione la Grecia e la Iugoslavia, abbandonate poi per motivi di lingua e sicurezza; abbandonata quasi subito l” idea della Nuova Zelanda per motivi di distanza, ho effettuato alcuni viaggi in Costa Rica con la famiglia … ma l’idea è stata bocciata dopo poco tempo, per motivi di distanza e … di “vita troppo selvaggia”.
Svanito il sogno, ho cercato un luogo che fosse abbastanza isolato e contemporaneamente abbastanza vicino a “casa”. Dopo alcune visite abbiamo concordato che Minorca poteva essere il luogo ideale e così si è rivelato.
Come si è sviluppata negli anni la tua attività sull’isola. Di che cosa ti occupi esattamente?
All”arrivo a Minorca ho voluto rompere completamente con il passato e, pur non sapendo cucinare due uova, ho aperto un Take Away di piatti Italiani. Contemporaneamente, ho aperto un Punto d”informazioni Turistiche privato ed ho creato con alcuni amici l’Associazione degli Italiani nella Minorca Imprenditoriale: A.I.M.I.
L”avanzare dell”età (oggi ho quasi 65 anni) mi ha portato ad aprire un”attività più adatta e quindi ho trasformato il mio punto d” informazione in un”agenzia di viaggi. Dopo poco abbiamo aggiunto un Rent a Car e quindi ci siamo trasformati in Tour Operator.
È stato facile aprire questo tipo di attività soprattutto in rapporto all’Italia?
Nessuna difficoltà se non per il fatto di dover spiegare che era possibile aprire una agenzia nata in loco e che non arrivasse dalla penisola (come sono abituati da queste parti). Non mi sono scontrato con nessun tipo di burocrazia esagerata ma, soprattutto, ho potuto constatare quanto fosse facile poter cambiare lavoro, senza problemi (almeno fino all”esplodere della crisi economica del 2008). E sicuramente la mia esperienza non è l”unica.
Quali sono le nazionalità principali che frequentano l”isola con cui entri regolarmente in contatto nella tua attività?
A Minorca si ritrovano facilmente 15/18 nazionalità differenti e questi sono anche i miei clienti. All’inizio (parlo dei primi anni 2000) gli Inglesi rappresentavano l’80% dei turisti. Oggi, gli Italiani sono la seconda comunità sia per quanto riguarda i turisti che i residenti (1.500 N.d.R)
In che cosa si differenzia Minorca dalle altre isole dell”arcipelago delle Baleari e che cosa piace di più agli Italiani?
Gli Italiani – come gli altri turisti – chiedono a Minorca ciò che non offrono loro Ibiza, Formentera e Maiorca: pace, tranquillità, una natura splendida e quasi incontaminata, criminalità quasi assente, gentilezza e tanto, tanto, tanto mare che non ha nulla da invidiare alle mete più famose.
Si sa che Ibiza e Formentera attirano un tipo di turismo molto giovane, “festaiolo”. Qual è la tipologia del turista “minorchino”?
La tipologia dell” isola fa si che i visitatori siano soprattutto famiglie, coppie e persone di mezza età … ma speriamo (ci stiamo lavorando molto) di poter vedere anche giovani, tanti bei giovani!!!
Che tipo di servizi fornite in agenzia?
Tutto ciò che può servire al turista, non vi sono richieste (nel limite del possibile e del legale) che non possiamo esaudire. Diciamo che “siamo un po” presuntuosi!!!”
Ma la vita su un”isola – per quanto paradisiaca – non deve essere tutta rose e fiori, soprattutto nei momenti più estremi: in estate con il turismo al top e in inverno con la solitudine, il freddo e il vento. Come vivete l”isola “dal di dentro”?
In estate lavoriamo, quindi più turisti arrivano meglio è! In inverno facciamo noi i turisti godendoci il bel tempo – che dura fino a gennaio – e scorazzando su e giù per l”isola ormai deserta: è meraviglioso!
Comӏ il rapporto con gli abitanti?
Gli abitanti sono molto cordiali con i turisti … un po” meno con i residenti stranieri, senza distinzione di nazionalità … ma tutto sommato va bene così.
Che cosa ti è costato di più lasciare in Italia (e di meno)?
Sicuramente gli affetti, sopra ogni altra cosa. E questo fu vero allora come oggi: la nostalgia non si è attenuata. Poi, a parte i salumi, i formaggi e poco altro, assolutamente nulla, ma proprio nulla.
Come vedi l’Italia da Minorca?
(…) Mi stringe il cuore dirlo, ma la vedo molto, molto male. Ciò che più mi rattrista è che ciò che avevo previsto e che mi aveva convinto ad andarmene si è realizzato … e con gli interessi!
Pensi che tornerai a vivere/lavorare in Italia?
No. La mia convinzione è di non tornare, a meno che la vita non mi tiri un brutto scherzo, ma spero proprio di no!
Un consiglio da dare a chi pensa di seguire le tue tracce e stabilirsi a Minorca?
Trasferirsi a Minorca o in qualsiasi altro luogo necessita una preparazione soprattutto psicologica ma anche organizzativa. Oltre a ciò consiglierei molta modestia e un alto grado di adattamento. Non c”è nulla da inventare ma si può contribuire ad aumentare l’offerta complementare. Quindi può valere la pena.
A cura di Paola Grieco