Intervista a Francesco Puccio
di Gloria Vanni
Nome: Francesco
Cognome: Puccio
Nato: a Palermo
Professione prima di venire a Minorca: erede di una famiglia di panificatori
Professione a Minorca: imprenditore e proprietario di Pizza Sicilia a Ciutadella
Questa intervista nasce dal passaparola. «Devi conoscere Francesco: la sua pizza è meravigliosa!», mi dice qualcuno. E io vado al numero 53 di calle Bisbe Sever, appena fuori dal centro storico di Ciutadella. Qui il 16 novembre 2018 Francesco Puccio ha aperto Pizza Sicilia.
Il nome è ovviamente un omaggio alle sue origini. Appena varco la soglia del locale, piccolo con due luminose vetrine in angolo, tanto bianco e pochi elementi in legno all’interno, mi rendo conto che sto per scoprire un mondo: quello dell’autentica pizza mediterranea. Questo è un viaggio e una storia d’amore che da Minorca ci porta a Palermo dove il nonno del nonno di Francesco era già tra farine e pane.
Francesco Puccio nasce e cresce tra le farine del panificio nel centro di Palermo. Panificio, attenzione, non panetteria che è solo rivendita. Nel panificio invece si fanno pane, pizza, biscotti, pasticceria e gastronomia. Francesco entra a lavorare nel Panificio Puccio a 18 anni, appena finito il liceo. Il tempo vola tra lavoro e viaggi, altra sua passione, come racconta:
«In un viaggio in Egitto ho conosciuto una ragazza catalana. Ci siamo innamorati, sposati e abbiamo avuto una figlia, Claudia. Dal 2002 veniamo spesso in vacanza a Minorca e nel 2016 decidiamo di trasferirci a Ciutadella dove già abitavano i miei suoceri».
Arriva a Minorca con l’idea di fare qualcosa di diverso: è stanco della ristorazione. Ma, aggiunge: «La farina è contagiosa e il richiamo è forte. Mi guardo intorno per vedere cosa posso fare e capisco che devo impegnarmi in quello che so fare: mettere le mani in pasta. Perciò comincio a girare per cercare un locale e lo trovo in una via un po’ decentrata che ha un grande vantaggio: la gente si può fermare con la macchina».
L’idea è fare una pizzeria da asporto con tre tavolini e una barra per una quindicina di posti seduti dove offrire pizza e alcune specialità tipiche siciliane come l’arancina – è femminile! -, nonostante la lunga diatriba tra Palermo e Catania. Infatti, gli esperti dicono che deriva da arancia e quindi non si discute: è femmina. Dunque, arancine a regola d’arte con prosciutto e mozzarella o ragù alla bolognese (tra le tapas), accanto a crocchette, patatas bravas, hamburger di carne e di pollo, panini imbottiti, crocchette di pollo o prosciutto. Il cuore di tutto è comunque la pizza, con una lievitazione da un minimo di 24 a un massimo di 72 ore.
«Faccio la massa artigianale e uso poco lievito. Lavoro solo con farine italiane, Caputo e Cinque Stagioni, e olio extra vergine d’oliva spagnolo di qualità. Uso prodotti italiani come la polpa di pomodoro napoletana La Torrente, prosciutto cotto e crudo Fiorucci, Grana Padano sia intero che grattugiato, mozzarella senza conservanti di Son Tema, sale marino e verdure minorchine», spiega Francesco.
Il risultato? La pizza fina e rotonda, la classica italiana con il bordo alto, e poi la “gorda”, ovale da taglio, quella tipica da panificio che si usa in Italia. A proposito della digeribilità della pizza Francesco Puccio spiega: «Ci sono vari trucchi per fare una pizza digeribile. Dipende da come si amalgamano gli ingredienti, da come s’impasta, dalla temperatura dell’acqua e dalla qualità della farina. A Minorca alcuni mettono il latte al posto del lievito. Poi, stirano la pasta con le macchine e non con le mani. Le sfogliatrici o stendipizza, però, non tengono conto della pasta e il risultato è una pizza sottile come un cracker che, appena fredda, è dura come una suola di scarpa».
Torniamo al 16 novembre del 2018: perché aprire in inverno?
«Perché ho voluto profittare del periodo di calma per organizzare il lavoro e capire i gusti delle persone. Abbiamo regalato pizze e bevande a tutti. C’era il mondo grazie a curiosità e passaparola: è stata una bellissima festa. Abbiamo fatto più di 100 pizze, ho perso il conto: è stato bellissimo», dice Francesco e ancora sorride al ricordo di quella sera.
È l’inizio di una storia ricca di soddisfazioni. Il personale è raddoppiato, anche la stagione estiva è andata molto bene e sono tanti gli estimatori della “pizza italiana artigianale fatta con prodotti genuini”. Pizza Sicilia è aperta da martedì a domenica, dalle 18,30 alle 23,30. Orari che consentono a Francesco di dedicare tempo alla famiglia e a ciò che ama come andare in piscina, in bicicletta, a camminare. «Avere tempo per sé? Be’ è una cosa che non ha prezzo!», sussurra con un sorriso.
Francesco, cosa ti piace di Minorca?
«Intanto la gente. Appena ti conoscono i minorchini sono eccezionali. Mi piacciono la loro cordialità, la loro civiltà e il rispetto che hanno per l’ambiente. Mi piace il clima di Minorca che è migliore di quello di Palermo, è più mite, non eccessivamente freddo e caldo. Mi piacciono la natura e il mare: sono una persona di mare, sono nato sul mare». Capisco: sono nata a Genova e dopo 34 anni a Milano, il richiamo del mare è stato per me irresistibile.
I “mi piace” di Francesco Puccio non sono finiti…
«Mi piace la quantità enorme di bambini: Minorca è un’isola giovane. Mi piace il rispetto che c’è per bambini e persone anziane. La gente si ferma quando i bimbi escono da scuola. Tutta la scuola va in gita in bicicletta. Mia figlia parlava italiano e catalano con la mamma, in una settimana ha iniziato a confrontarsi con castigliano, catalano, inglese e italiano. Qui le scuole funzionano, la manutenzione del verde cittadino è normale, qui ci sono senso e rispetto del bene comune e del pubblico».
Consigli a chi sogna di vivere a Minorca?
«Le possibilità di lavoro ci sono. Se fai un mestiere come tecnico, elettricista, antennista, idraulico, giardiniere a Minorca trovi lavoro. Bisogna dimenticare certi schemi italiani per cui se per esempio sei figlio di un avvocato non puoi fare il giardiniere o lavorare in un hotel. Qui invece sì e a volte noto che è l’adattabilità a mancare. Occorre reinventarsi. Questo non è il paradiso. Non ci si arricchisce ma si vive bene. Bisogna adeguarsi alle regole, siamo comunque stranieri in una porzione di terra piccola, dove tutti sanno tutto».
Muoversi in punta di piedi, con rispetto per regole e tradizioni, ricordando che siamo comunque ospiti. Non sono parole, sono ingredienti indispensabili per essere in sintonia con Minorca o altri luoghi del mondo dove sogniamo di andare a vivere. Consapevolezza e spirito di cambiamento aiutano a partire con il piede giusto. Il resto lasciamolo da parte perché, come dice anche Francesco, qui non si diventa ricchi ma si vive bene. Davvero bene.
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